Biografia di Enrico Baj

È nato a Milano nel 1924. Ha frequentato l’Accademia di Brera, conseguendo contemporaneamente la laurea in legge. Nel 1951 tenne la prima personale alla Galleria San Fedele di Milano, dove espose opere informali; nello stesso anno si fa promotore con Sergio Dangelo del “Movimento della Pittura Nucleare”. Nel 1953 incontra Asger Jorne e insieme promuovono il “Mouvement International pour une Bauhaus Imaginiste” schierandosi contro l’eccessiva razionalizzazione e geometrizzazione dell’arte in aperta polemica con il nuovo Bauhaus e la Scuola di Ulm di Max Bill. Nel 1954 i due artisti diedero vita agli Incontri internazionali della ceramica ad Albissola Marina presso le Ceramiche Mazzotti, ai quali parteciparono Lucio Fontana, Emilio Scanavino, Karel Appel, Guillaume Corneille, Roberto Matta, Aligi Sassu, Édouard Jaguer e altri. 

Negli anni Cinquanta collaborò alle riviste d’avanguardia Il Gesto, Boa e Phases. Nel corso degli anni, la passione per la scrittura aumentò, portandolo alla pubblicazione di numerosi libri, tra i quali Patafisica (1982), Automitobiografia (1983), Impariamo la pittura, Fantasia e realtà con Guttuso, Ecologia dell’arte

Nel 1957, in collaborazione con numerosi artisti, scrittori e critici tra cui Arman, Dangelo, Hundertwasser, Arnaldo e Giò Pomodoro, Pierre Restany, Yves Klein, Baj pubblica il manifesto “Contro lo Stile”, in cui si afferma l’irripetibilità dell’opera d’arte contro ogni ripetizione stereotipa e nello stesso anno e tenne la prima personale all’estero, presso la Gallery One di Londra; nel 1959 aderì al “Manifeste de Naples”, a cui aderiscono, tra gli altri, Lucio Del Pezzo e Guido Biasi, contro l’Astrattismo. Nel 1962 partecipò a New York alla mostra The Art of Assemblage, in occasione della quale conobbe Duchamp.

Tra il 1963 ed il 1969 Baj passa lunghi periodi a Parigi ed entra a far parte del Collège de Pataphysique di Francia e fonda l’Institutum Pataphysicum Mediolanense (1964) con la partecipazione di Farfa, Raymond, Raymond Dagnino, Man Ray, Virgilio Dagnino, Arturo Schwarz, Roberto Crippa, Paride Accetti, Alik Cavaliere.

Nel 1964 ottenne una sala personale alla Biennale di Venezia e nello stesso anno espose alla Triennale di Milano.

Nel 1972 esegue il grande collage “I funerali dell’anarchico Pinelli”, dove riprese le proprie figure ispirate a Guernica ed i propri personaggi grotteschi e da parodia. Il quadro deve essere esposto al Palazzo Reale di Milano, ma il giorno stesso dell’inaugurazione, fissata per il 7 maggio, viene assassinato il commissario Calabresi, coinvolto, come è noto, nella morte di Pinelli. La mostra viene censurata e mai più aperta, ma il quadro, negli anni seguenti, viene esposto in molti musei d’Europa. Dopo 40 anni, l’opera è stata esposta al Palazzo Reale di Milano nell’estate 2012.

Nel 1973 l’editore Bolaffi di Torino pubblica il catalogo ragionato delle opere di Baj, curato da Enrico Crispolti e, per l’edizione americana, da Herbert Lust. Nel maggio del 1983 organizza al Palazzo Reale di Milano la mostra “Jarry e la Patafisica” che con quadri, documenti, libri e autografi copre il periodo letterario e artistico che va dall’epoca simbolista di fine ‘800 ai simulacri della  modernità: ordinatori, memorie artificiali e computer. Con il Teatro dell’Arc en Terre diretto da Massimo Schuster lavora, nel 1984, ad una nuova edizione di “Ubu Roi”, realizzando circa 40 marionette con elementi di meccano, da lui usati fin dal 1963 e dipingendo numerose tele raffiguranti le storie di Ubu.

Il Comune di Milano gli dedica, nel gennaio del 1987, a Palazzo Dugnani, uno “Spazio Baj” per l’esposizione permanente di incisioni e multipli. La casa editrice Electa per l’occasione pubblica il “Catalogo generale delle stampe originali” comprendente 640 opere. Da sempre Baj ha integrato il suo lavoro di artista con scritti di vario genere: i manifesti degli anni Cinquanta, le corrispondenze con artisti e letterati, le presentazioni in cataloghi o in altre pubblicazioni di amici pittori, le collaborazioni a “La Stampa”, “Il Sole 24 Ore”, “L’Espresso”, “Panorama” e soprattutto al “Corriere della Sera” col quale cominciò a collaborare nel 1969 su invito di Buzzati.

Come già menzionato, Baj ha aderito, nel corso della sua vita, a vari movimenti artistici che hanno fatto la storia del XX secolo: il Nouveau Réalisme, il Surrealismo, la Patafisica, il Movimento Nucleare. Da tali scelte traspare immediatamente l’animo di questo artista e la sua capacità di eviscerare la realtà fino alle dimensioni atomiche, elaborandone un’interpretazione del tutto personale. Con l’utilizzo dei più disparati materiali, quali il legno, le stoffe, il meccano, i tubi idraulici, Baj ci ha consegnato una visione mostruosa del mondo, attraverso la moda come forma degradata dell’arte e attraverso l’incontrollabile progresso della tecnologia: ormai regina del genere umano, responsabile della sua robotizzazione e del moderno prevalere della forma sulla sostanza.

Abile incisore, Baj ha lavorato sui testi di poeti e scrittori – dell’antichità e contemporanei – corredando i libri con stampe e multipli – da Lucrezio, Marziale a Tacito ed autori via via più vicini, tra i quali Lewis Carrol, John Milton, André Breton, Edoardo Sanguineti, Roberto Sanesi, Umberto Eco, Alda Merini.

Baj ha utilizzato tecniche diverse, dal dripping al collage, talvolta contemporaneamente insieme a intarsio e impiallacciatura, come nelle Modificazioni (1959-1960). Nelle Cravatte del 1967-1968 ha utilizzato materiali plastici. L’Apocalisse del 1978 è un puzzle tridimensionale che lo ha portato nuovamente ad avvicinarsi al teatro dopo le esperienze degli anni Sessanta.   Il Surrealismo e il Dadaismo marcarono profondamente la sua opera; i collage fatti di materiali diversi (medaglie, bottoni, passamanerie, mescolati alla pittura) sono vicini da una parte all’opera di Kurt Schwitters e Francis Picabia, dall’altra risentono dello spirito di Alfred Jarry con il suo Ubu Roi.

Le sue opere sono sempre interpretate attraverso una forte ironia, un effetto grottesco, uno sguardo divertito. I collages policromatici e polimaterici pervasi da una vena giocosa ed ironica, costituiscono l’icona della vena satirica dell’artista milanese: lo smembramento delle forme per esprimere la deflagrazione della materia e dell’immagine. Il senso ludico della sua arte sfocia poi in contestazione sarcastica e forte impegno civile attraverso i “generali“, le “parate militari” degli anni Sessanta e le tre grandi opere degli anni Settanta: I funerali dell’anarchico Pinelli (1972), Nixon Parade (1974) e l’Apocalisse (1979). Da qui in avanti la sua critica alla contemporaneità si fa sempre più forte, come nel Epater le robot (1983), con un’analisi dell’uso indiscriminato delle tecnologie, e ne I manichini (1984-87), dove le figure senza volto sono evidenti richiami alla “robotizzazione” dell’essere umano e non esita ad attaccare il consumismo e la schiavitù dettata dai prodotti industriali. Successivamente, con i lavori Metamorfosi e Metafore (1988) e Mitologia del Kitsch (1989), e “Il giardino delle delizie” denuncia la corruzione del gusto generata dalla cultura del prodotto industriale e sviluppa un immaginario dominato dal kitsch, unico stile che secondo l’artista riesce a rappresentare la cultura di oggi. Nel 1993 inizia il ciclo delle “Maschere tribali“, dei “Feltri” e dei “Totem” che vogliono esprimere un primitivismo moderno riciclando gli oggetti di uso quotidiano. Nel 1999 realizza 164 ritratti tratti dalla Recherche di Proust e ispirati ai Guermantes e a quel mondo raffinato, decadente e spesso grottesco. Nel gennaio 2003 vengono esposte alla Galleria Giò Marconi di Milano le opere “idrauliche” dell’artista: rubinetti, tubi, sifoni vengono applicati a piccole sculture e a dame a collage.

Enrico Baj muore a Vergiate (Varese) il 16 giugno 2003.

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